Con
riferimento al settore dell’energia, va evidenziato il fatto che in questi
quattro anni di governo Tondo la delega della materia è stata attribuita a ben
tre Assessori che, per quanto facenti parte della stessa maggioranza, hanno
impresso velocità e percorsi diversi all’iter di questa legge, la quale giunge
solo a fine legislatura nelle aule del Consiglio.
Preliminarmente
si può affermare che lo sforzo di individuare in modo chiaro e semplice le
competenze autorizzative dei vari enti locali e della Regione stessa, in modo
che i portatori di interesse possano pianificare in modo certo i loro
interventi, talvolta è stato raggiunto con norme
che limitano il legittimo dissenso di intere comunità.
La
scelta di fare una legge tanto dettagliata e precisa da sembrare un regolamento
non fa che risaltare, poi, la mancanza
di una visione generale che questo esecutivo ha dei problemi strutturali
della nostra Regione.
Al
DDL 210 dovrebbe seguire, in tempi brevissimi, il Piano Energetico Regionale
che, quantizzati il fabbisogno e la capacità di produzione di energia in ambito
regionale, possa pianificare e programmare tutti gli
interventi necessari a cogliere le
grandi opportunità economiche, lavorative e di tutela ambientale che questa
rivoluzione energetica offre. Allo stato attuale, però, non sono stati posti in essere tutti quegli atti che sono propedeutici
e fondamentali alla stesura di un Piano Energetico Regionale, di cui dovrà
per forza farsi carico il prossimo esecutivo.
A
conferma che le scelte strategiche non sono nelle corde di questo esecutivo
stanno la mancata redazione del Piano del Governo del Territorio, del Piano
Regionale per le Attività Estrattive, del Piano Regionale Raccolta Rifiuti o di
un piano trasporti che sposti dalla gomma alla ferrovia le merci che transitano
in Regione.
L'assenza di una pianificazione pluriennale
che presti particolare attenzione sopratutto alle industrie energivore, così
come la carenza di norme che stimolino l'efficentamento energetico e l'utilizzo
delle fonti rinnovabili, rende la Regione più vulnerabile al ricatto più o meno
esplicito di quelle industrie che mettono in relazione i posti di lavoro con la
fornitura di energia a prezzi più contenuti.
La
potestà legislativa regionale in materia di energia, miniere, risorse
geotermiche e incentivi alle imprese è conseguente al D.Lgs. del 23 aprile
2002, n°110 e alla modifica del titolo V della Costituzione, ma spesso in
questo riordino di attribuzioni i confini tra le competenze nazionali e
regionali non sono ben definiti. Questa mancanza di chiarezza non ha impedito all’esecutivo regionale di rivendicare la
propria autonomia e specialità andando a legiferare su temi, quelli del welfare
e immigrazione, che una parte della coalizione considerava sensibili e
strategici per la
Regione. Questa scelta, a tratti rivendicata anche con
orgoglio, ha fatto sì che il Governo per ben 18 volte abbia aperto un
contenzioso con la Regione impugnando le leggi emanate dal Consiglio. Questo
breve preambolo per rimarcare come in un tema estremamente delicato e
strategico come quello dell’energia l’esecutivo regionale abbia fatto la scelta
opposta, rinunciando a priori a legiferare e, quindi, a decidere (ad esempio
sul rigassificatore di Zaule) o a porre un freno all’arroganza di Terna andando
a normare in quella “zona grigia“ appunto dove le competenze si mescolano. E’
evidente che tutti i politici regionali favorevoli alla costruzione del
rigassificatore e degli elettrodotti, ma che per paura di perdere voti non
hanno il coraggio di dirlo apertamente, vedono con estremo favore la scappatoia
di delegare ad altri scelte così difficili. Queste scelte sono diventate ancora
più importanti nel momento stesso in cui la possibilità di spezzettare le
procedure di VIA per singoli progetti (gasdotto, rigassificatore, ecc) ne ha
anche dimostrato i limiti, perché la sicurezza per essere tale deve essere
valutata nella sua globalità. E’ consuetudine infatti che il progettista, nel
momento in cui deve dimostrare che il rischio di incidente resta al di sotto
del rischio massimo ammissibile stabilito per quel tipo di attività, utilizzi
il metodo deterministico normalmente a lui più favorevole. Gli impianti
particolarmente pericolosi vanno studiati ipotizzando i vari scenari possibili,
determinando con un appropriato algoritmo, il limite massimo ammissibile del
rischio, inteso in termini di perdita di vite umane accettabili.
Questo perchè, in una
democrazia matura e partecipata, la comunità che gravita su di un determinato
territorio deve poter accettare o meno i
rischi e il modello di sviluppo sociale che vuole darsi nel medio o lungo periodo.
Solo
una classe politica inadeguata, che legifera inseguendo il profitto e che
sacrifica gli aspetti etici per quelli economici delega a tecnici
l’approvazione di attività a rischio di incidente rilevante sulla scorta di
pareri basati su criteri non omogenei sul territorio nazionale, europeo ed
internazionale .